Categoria: Attualità

Il giro d’Italia a piedi: l’impresa di Michael Zani passa per Martina Franca

Lo Stivale percorso a piedi: 5000 km di viaggio, 8 mesi lontano da casa, uno zaino come unico compagno di avventure.

Questa è l’avventura di Michael Zani, 23 anni da Pieve Vergonte (2.700 abitanti in provincia di Verbania) partito lo scorso 22 aprile per girare tutta l’Italia, a piedi. E’ sceso dal lato tirrenico arrivando quindi in Calabria, poi tutto il perimetro della Sicilia, ancora Calabria e quindi Basilicata e Puglia, per poi risalire la costa adriatica e tornare a casa in tempo per Natale. Una missione per far conoscere l’operato di Mosaico onlus, un’associazione che si occupa di orientamento sanitario e solidarietà sociale. Una progetto con un budget di soli 5 euro giornalieri e da svolgere solo ed esclusivamente a piedi.

Lo incontriamo ieri pomeriggio in un bar di Martina Franca, appena arrivato da Taranto dopo un viaggio sulla SS 172 conclusosi addirittura in anticipo rispetto alla tabella di marcia. Davanti ad una birra ci parla della sua impresa.

D- Come mai ti sei trovato di passaggio da Martina Franca? Hai pianificato tutte le tue tappe in anticipo?

R- Il mio itinerario non è pianificato ma lo scelgo di giorno in giorno. Ho scelto Martina Franca perché so che in zona c’è un tempio induista (l’Ashram Bhole Baba a Cisternino, nda), quindi una volta visitato quello andrò ad Alberobello, poi Monopoli e via dicendo.

D -La notte dove la passi? Conti sull’ospitalità di qualcuno o anche qui è tutto improvvisato?

R- Solitamente mi ospitano Pro Loco, amministrazioni comunali, parrocchie o anche semplice gente che scrive sulla mia pagina Facebook (Michael Zani_Viking tramp), offrendomi un letto per la notte. Qui a Martina Franca mi ospiterà la Pro Loco.

D- A proposito, qual è la risposta degli enti ai quali chiedi ospitalità?

R- All’inizio quando contattavo le Pro Loco mi davano del pazzo, ma dopo la cosa si è normalizzata e mi danno sostegno senza grossi problemi.

Gli chiediamo poi del suo viaggio e se tutto sta proseguendo secondo i piani oppure se ci sono problemi. Ci risponde che sta andando tutto bene, anche se ovviamente gli acciacchi fisici si fanno sentire: gambe, schiena, piedi e quant’altro dopo mesi e mesi sono stanchi, senza contare il maltempo e la pioggia oppure altri problemi particolari, come i cani randagi in Sicilia.

D- La situazione più strana e quella più bella?

R- La più strana in Sicilia, dove mi è capitato di dormire nella casa di un tedesco ricavata all’interno di una grotta; le più belle sono state nella zona di Viterbo, poi Agrigento e la Valle dei Templi, Brancaleone in Calabria.

Arriviamo poi al viaggio e a quello che lo ha spinto a fare lo zaino e Michael ci risponde che sognava da tanto di fare un viaggio a piedi, per conoscere gente e posti nuovi. Poi per decidere effettivamente quando partire ci ha messo tanto ma un giorno ha avuto problemi col lavoro, si è licenziato ed è partito, anche se sua madre sulle prime è rimasta sorpresa per le sue scelte: casa gli manca ma viaggiare gli piace molto. Il chiedere ospitalità presuppone poi tanta fiducia nel prossimo, e Michael ci dice che nel viaggio deve dare fiducia a tutti, quindi situazioni spiacevoli possono capitare ma è sempre andato tutto bene.

Affrontando poi il lato tecnico, ci spiega che per orientarsi usa per la maggior parte il telefono, quindi la mattina consulta le mappe online e cerca di memorizzarle al meglio: lo fa perché deve usare lo smartphone il meno possibile per risparmiare batteria. Ci dice poi che in questi 6 mesi abbondanti ha già fatto fuori tre paia di scarpe, e altre se l’è fatte spedire da casa. Lo zaino poi mostra i segni del tempo e dei chilometri, ma è tutto nella normalità e funziona ancora.

D- A livello di risonanza mediatica, sei seguito nelle tue imprese? Secondo te i media e il pubblico guardano di più il Micheal “personaggio” oppure il ragazzo con una missione da svolgere?

R- A livello locale sono molto seguito con articoli e interviste, e prossimamente ho alcuni progetti sul tavolo, come un servizio con Licia Colò. Riguardo la seconda domanda ti dico che forse la cosa che in tanti si chiedono è perché lo faccio, ma forse perché abbiamo ancora una mentalità un po’ chiusa, specie qui al Sud. In tanti poi mi chiedono come si fa a vivere con 5 euro ma rispondo dicendo che l’acqua più o meno non è un problema perché la prendo dalle fontane pubbliche quindi spendo tutto in cibo, comprando al supermercato. Non sono tanti soldi ma ce la faccio.

Prima di spegnere il registratore gli chiediamo se c’è un oggetto del quale non può fare a meno – tolto lo smartphone – e Michael ci sorride dicendoci che ha sempre con sé un libro di mitologia nordica, da leggere nelle pause e quando è solo. La birra finisce e l’intervista pure, ma a microfono spento ci dice che gli piacerebbe che questo diventasse un lavoro, che ha alcune sponsorizzazioni pronte e che proprio a Taranto dopo una giornata di pioggia enti e istituzioni si sono rifiutati di aiutarlo: “Se non fosse stato per Frà Antonio del Convento di San Pasquale la nottata sarebbe stata dura”. Ci mostra le foto del frate, sorride, chi chiede cosa c’è di bello da vedere a Martina e si rimette lo zaino in spalla. Ma prima una serata in Valle d’Itria e un pasto caldo, prima di affrontare i 1200km che lo separano da casa.

Buon viaggio Michael!

(questo articolo l’ho scritto originariamente per Valleditrianews)

Tra trulli, luce e suoni: la mia esperienza all’Alberobello Light Festival

Otto opere realizzate da artisti provenienti da tutto il mondo, otto installazioni che declinano in maniera diversa la stessa materia: la luce. Alberobello ha ospitato la seconda edizione di “Life – Alberobello Light Festival”, il light show che ha illuminato dal 30 settembre all’8 ottobre la Città dei Trulli dichiarata patrimonio dell’Umanità dall’Unesco.

Le 8 installazioni (realizzate da artisti provenienti da Canada, Croazia, Francia, Italia, Portogallo e Slovenia) hanno attirato dal tramonto a mezzanotte migliaia di visitatori da tutto il mondo. Fra quei visitatori c’era il sottoscritto, invitato la scorsa settimana dagli organizzatori e da Igers Valle d’Itria (grazie Eligia e Benedetta!) per il LIFE Instawalk insieme ad altri 11 instagramers. Armati di macchine fotografiche e smartphone (io ho portato con me la Fuji XE-2 col Fujinon 18-55mm e il Samyang 12mm, oltre al mio Honor 8) abbiamo fatto un bellissimo giro fra i vicoli di Alberobello, immersi in un’esperienza sensoriale a 360 gradi.

Siamo partiti con “Residence of Light and Music”, un’installazione composta da tre panche luminose che potevano essere “suonate” dai visitatori attraverso alcuni controller montati sulle panche stesse. Dopo è stata la volta di tre installazioni poste nella stessa zona: “Never Ends” (un cavalluccio montato su una pedana luminosa composta da tanti fasci LED), “1000 Lights” (un prato luminoso composto da tantissimi fiori luminosi realizzati con plastica riciclata e LED) e “Magic Garden” (altra opera nella quale hardware e software si legano in maniera indissolubile, con un cubo verde pieno di sensori di controllo che captava il movimento della mano del visitatore e lo modulava per poi trasmetterlo a tanti piccoli funghetti LED e ad una console musicale).

Il ritrovo del LIFE Instawalk al Belvedere di Alberobello

La vicina Chiesa di Sant’Antonio ospitava poi “Virtual Aquarium”, un acquario interattivo dove i visitatori potevano realizzare dei pesci personalizzati attraverso un apposito pannello touch screen. Abbiamo poi chiuso il nostro giro con “Quintessenza”, una video installazione che ha trasformato il Trullo Sovrano in un’opera platonica. Platone nel “Timeo” tratta le origini e il funzionamento del cosmo, ipotizzando che la materia sia composta da quattro particelle fondamentali aventi la forma dei primi quattro poliedri regolari e corrispondenti ai quattro elementi tradizionali, a cui si aggiunge il concetto di “quintessenza” che racchiude il quinto elemento, l’universo. Attraverso la fusione di musica e immagini Quintessenza si proponeva come un’esplorazione sensoriale tra il concetto di Platone e la natura.

Con gli amici di Igers Valle d’Itria e gli organizzatori di Alberobello Light Festival

In tutto questo non vi ho parlato ancora dell’opera che mi è piaciuta di più… La maggior parte dei miei scatti è concentrata su “In Parallel”, un’installazione realizzata da due ragazzi sloveni e composta da tanti solidi incastonati in un reticolo di fili esaltati dalle lampade ultraviolette e da una colonna sonora ambient piuttosto funzionale all’idea “spaziale” dell’opera.

“In parallel” in bianco e nero… Il reticolo in B/W fa comunque la sua bella figura 🙂

Al termine ci siamo recati alla pizzeria Basilico Rosso Gourmet, dove fra le altre specialità abbiamo gustato LI.FE, la pizza speciale ideata dallo staff esclusivamente per questo Festival. Mozzarella, caciocavallo, tartare di manzo, crema di spinaci, mandorle a fette e petali di fiori eduli essiccati, il tutto su un impasto realizzato con una speciale acqua nera a base alcalina. Non sono fanatico della cucina esoterica e la carne cruda mi schifa abbastanza, ma vi assicuro che è stata un’esperienza comunque unica!

La pizza speciale “Li.Fe”

Il giorno dopo tutto contento ho preso la mirrorless per scaricare le foto e ho avuto l’amara sorpresa: per non so quale motivo non avevo gli scatti in RAW+JPEG ma solo in JPEG… Volendo avere il completo controllo sull’immagine (per pasticciare ancora meglio con Lightroom e Photoshop) ho quindi deciso di andare nuovamente ad Alberobello per rifare un po’ di foto. Avendo quindi più calma ho deciso di cambiare setup: Fuji XE-2 + Samyang 12/2 per i grandangoli, e Nikon D600 + Nikon 50/1.8 per il resto. Ho rifatto il mio bel giretto, non disdegnando una breve sosta da Martinucci per un gelato davvero ottimo!

Ecco il risultato di questa due giorni, spero vi piaccia!

Ecomostro Viale Europa: foto e immagini dell’abbattimento del rudere

Dopo l’inizio della campagna elettorale con gli appuntamenti del weekend, la settimana che porterà alla domenica delle Palme si è aperta con un evento storico: sono infatti iniziati i lavori di abbattimento dell’ecomostro in Viale Europa, un gigante di cemento e ruggine ben impresso nella memoria dei cittadini di Martina Franca e di chiunque transiti per la circonvallazione. Il capitolo di oggi arriva a ben 34 anni dall’avvio del cantiere, fermato dopo poco dai sigilli e poi dal fallimento della società costruttrice, che lasciò in eredità alla città l’ennesima opera incompiuta e un vero e proprio scempio sull’affaccio alla Valle d’Itria, salito alla ribalta delle cronache diversi anni fa per l’incidente che vide protagonista un ragazzo di Martina Franca, feritosi gravemente in seguito alla caduta accidentale da una delle travi della struttura.

Questa mattina profetico era stato un post dell’ex assessore ai lavori pubblici Gianfranco Palmisano, che sui social aveva scritto “Tra poco in diretta Facebook importanti novità per Martina Franca”. Ad ora di pranzo è poi partito il tam tam delle dirette video, prima con lo stesso Palmisano (“Questi sono i fatti #peramoredimartina”) e poi con l’ex sindaco Franco Ancona (che ha commentato con un “Oggi si fa la storia #andiamoavanti #peramoredimartina”).

Dopo poco è stato il turno dell’ex assessore all’ambiente Stefano Coletta, che sempre su Facebook ha commentato così: “Far cadere una Amministrazione non significa fermare il processo di evoluzione iniziato 4 anni fa. A prescindere dal quadro politico attuale, questo è un grande successo della scorsa amministrazione Ancona. Si può gridare dai teatri quanto si vuole, si può mettere insieme tutto ed il contrario di tutto pur di vincere, ma i FATTI rimarranno impressi nel cuore e nelle menti delle persone. Ci vediamo presto! #ciaoecomostro”.

Una vittoria dell’ex amministrazione di centrosinistra che oggi ha comunque ben poco da festeggiare tra la fuoriuscita di diversi personaggi (accasatisi al centrodestra), una quadra elettorale ancora da trovare e un candidato sindaco (lo stesso Ancona) ancora da ufficializzare.

Diatribe politiche a parte, i lavori vedranno impegnati i mezzi per diverse settimane. E a chi invocava verde e spazi pubblici, sempre Coletta ha risposto che purtroppo si tratta di spazi privati e che ci sarà comunque un altro palazzo “dopo 3 anni di iter per arrivare al permesso a costruire e relativo abbattimento dopo 33 anni che l’ecomostro era li”.

Insomma, una vittoria a metà e un altro immobile (il progetto parla di 5 piani) pronto ad occupare gli spazi presi dall’ecomostro per oltre 30 anni. Termine dei lavori, il 12 ottobre 2018.

(articolo originariamente pubblicato per Valleditrianews)

Indietro tutta: the Analog Renaissance. La mia nuova Nikon FM2

Da piccoli le cose avevano più valore, specie in un’epoca dove la tecnologia non era così presente nella quotidianità di tutti.

Oggi i bambini iniziano a maneggiare touchscreen e oggetti hi-tech ancor prima di imparare a camminare ma prima non era così e i tempi erano molto diversi: io ad esempio ho avuto il mio primo telefono a 14 anni (un Mitsubishi Trium, per la cronaca) ma non è stato in quel momento che mi sono sentito “grande”, bensì qualche anno prima. Era il 1997, il sistema GSM era agli albori e mio padre comprò un Nokia 1610: un mostro da 250 grammi e con una economicissima tariffa di Telecom Italia: circa 2.000 lire al minuto. Si chiamava soltanto se strettamente necessario ma non ci pensavo più di tanto: già il solo averlo in mano mi faceva sentire grande, e questa sensazione aumentava ancora di più quando uscivo per fare compere di sera e mio padre pronunciava il fatidico “Portati il telefono, non si sa mai” (non ho mai capito se per emergenza o altro).

Il Nokia 1610 di mio padre. No, non è la foto che è gialla, sono i bottoni ad essere usurati…

Divagazione telefonica a parte, la sensazione di sentirmi grande quando i miei mi concedevano l’uso di alcuni oggetti “da grandi” l’ho avuta ancora prima, precisamente nel 1995. Era l’anno in cui frequentavo la quinta elementare e un giorno ricordo che dovevamo andare in gita al museo di Taranto. Non era certo una meta incredibile (chi a 10 anni è seriamente interessato alla storia greca?) ma avevo comunque voglia di immortalare quei momenti.

Già, ma il digitale era ancora un miraggio e dovevo andarci con la scuola e non coi miei genitori, quindi occorreva che mio padre mi prestasse la sua macchina fotografica. Non era chissà cosa, visto che dopo il furto dall’auto di una bella reflex Ricoh mio padre aveva optato per una compattona-plasticona-automatica della Kodak, ma le pellicole costavano e sviluppare e stampare idem…

“Portatela, ma non fare tante foto perché costa”, mi disse mio padre prima che uscissi di casa. Lo ascoltai a stento e uscii di corsa perché mi sentivo grande: avevo con me una macchina fotografica! Nonostante l’entusiasmo seguii il monito e non feci tante foto, anzi.

La Kodak S100EF: niente ghiere o possibilità di settaggi manuali, solo una mezza regolazione per la luminosità e il flash… La semplicità ignorante anni ’80!

Gli anni passavano e quella compattona c’era ancora: l’ho usata nelle gite del liceo, in alcuni viaggi di famiglia, in giro per qualche foto. Non avevo però ancora la passione della fotografia e comunque non ci legai tanto, e infatti nel 2005 arrivò a casa la prima digitale: una Panasonic Lumix col suo interessante zoom ottico da 6x. Il futuro era arrivato a casa mia: scattavi e vedevi subito cosa hai combinato, non c’erano rulli da comprare né altro, stampavi solo se volevi altrimenti tienevi i file su PC e via! Quella Lumix l’ho usata tanto, anche quando iniziarono a comparire i primi cellulari con la fotocamera…

La fotografia però non era ancora tra i miei interessi principali, finchè nel 2012 mi venne il pallino: dovevo avere una reflex! Lessi articoli e visto video-recensioni fino allo sfinimento, quando optai per una Nikon D90 col suo bel 18-105mm. Ora si, ero un appassionato vero! Con quella macchina ci ho fatto quasi 50 mila scatti, l’ho portata allo stadio, ai concerti, mi ha dato anche qualche piccola soddisfazione lavorativa (come una piccola collaborazione con Vanity Fair) ed è stata prima affiancata da una Fuji XE-2 – altro mio amore di cui forse un giorno vi parlerò – e poi sostituita l’anno scorso da una Nikon D600.

In tutto questo però sentivo il bisogno di rompere il solito processo di scatto-vedilafotonelloschermo-postproduzione-salvataggioestampaoccasionale in favore di qualcos’altro… Avevo già una Polaroid 600 dei miei genitori (mai usata in 35 anni) ma le uniche pellicole reperibili oggi sono le Impossible Project, che offrono delle ricariche da 8 foto all’accessibilissimo costo di circa 20 euro! Non l’ho mai usata ma non escludo di comprare anche un solo blister, giusto per provare il brivido della fotografia instantanea old-school 🙂

Qualche mese fa in una domenica pomeriggio qualunque inizio dunque a girare su Google in cerca di informazioni sul fantastico mondo della fotografia analogica… Essendo già nikonista convinto, decido di scremare la rosa ai soli modelli della casa giallo-nera, preferendo solo modelli completamente manuali e magari con un esposimetro incorporato ed ecco che individuo tre modelli:

  • F2 (bellissima ma troppo grossa e spesso con l’esposimetro ormai alla frutta)
  • F3 (estetica troppo eighties e con troppa elettronica)
  • FM2 (compatta, semplice e tutta meccanica)

La mia preferenza cade su quest’ultima che però, nonostante sia più semplice delle prime due (decisamente più Pro) ha comunque prezzi sull’usato di tutto rispetto… Complice questo fattore decido di mettere il tutto in standby e di destinare i miei soldi verso altre spese (come un ultragrandangolare per la Fuji e un cavalletto Manfrotto bello resistente), ma continuo sempre a tenere sott’occhio Ebay e i vari siti di compravendita, in attesa dell’occasione.

E quell’occasione mi capita giusto a fine febbraio, quando su Ebay vedo l’asta per una FM2 silver (in variante New) che pare tenuta benissimo! Contratto il prezzo col figlio del proprietario (che non sa cosa si ritrova per le mani) e spunto l’affare… Adesso sono anche io proprietario di una FM2, completa di cinghia originale e tutti i documenti! E quando apro il pacco e vedo anche lo scontrino vengo sommerso dai ricordi: la macchina è del 1995, giusto l’anno in cui ho iniziato a scattare fotografie.

La mia nuova (vecchia) Nikon FM2n, abbinata al 50mm f/1.4 degli anni ’70 che avevo già… Non è bellissima?

Io e la mia FM2n abbiamo iniziato a fare foto nello stesso periodo e continueremo insieme! Adesso vi lascio e magari fra qualche rullo vi racconterò un po’ meglio di lei e di cosa significhi scattare senza guardare la foto appena fatta, attendere lo sviluppo e magari farlo anche da sé… Perché la mia #AnalogRev contempla anche questo: non solo scattare con una macchina a pellicola ma sviluppare anche i rullini con tank, reagenti e dark room… Tutto come si faceva una volta.

Vi lascio col video dell’unboxing della mia nuova (vecchia) camera da 35mm… A presto!

Vendemmia delle Donne 2015: la terra, l’uva, la musica e le tradizioni

Il rito della vendemmia, il richiamo della terra, la musica tra i filari, i balli popolari. Tutto questo è stato “La Vendemmia delle Donne 2015”, evento organizzato dalle Tenute Rubino in contrada Jaddico a Brindisi che ho avuto la fortuna di poter seguire sabato 13 settembre grazie all’invito di Instagramers Valle d’Itria (grazie Benedetta e Eligia!). Chi come me ha vissuto un’infanzia nei vigneti del nonno paterno – fatta di profumi, tini pieni di uva e interminabili viaggi col camion rosso (un vecchio OM “Leoncino”) verso le cantine – non poteva non partecipare!

Aiutati da una bellissima giornata piena di sole e bei colori (subito notati dall’igers-occhio) abbiamo raggiunto la tenuta, dove alle 10:00 è andata in scena la “Vineyard Experience”: mentre una squadra di solerti donne era al lavoro tra i filari, gli ospiti hanno avuto la possibilità di cimentarsi con le forbici, partecipando alla raccolta manuale delle uve Susumaniello. Un privilegio di assoluto valore che la famiglia Rubino ha offerto per festeggiare il momento della raccolta, atteso tutto l’anno.

A mezzogiorno invece spazio al Food & Wine in un ampio prato adiacente ai vigneti, dove abbiamo degustato diverse specialità tipiche pugliesi preparate dallo staff di Numero Primo (la vinoteca di Tenute Rubino), mentre il team di cantina era a disposizione per la degustazione dei vini delle Tenute Rubino. Personalmente, tra i diversi vini provati ho apprezzato particolarmente l’ “Oltreme” Susumaniello Salento IGT, oltre al sempreverde Negroamaro.

A fine pranzo e dopo un po’ di relax nel prato, spazio all’Appia Ensemble e alla sua mistura di pizzica e canzoni popolari, che narravano di contadini, madri, pescatori e viandanti, mentre gli ospiti si lasciavano andare a passi di danza (più o meno improvvisati, a dire il vero…). In chiusura di giornata spazio al tiro alla fune, che si è sviluppato sulla distanza di 5 round. Da una parte gli igers e dall’altra il personale delle Tenute, con gli ospiti che si sono divisi tra le 2 squadre.

Dopo esser andati sotto per 0-2, è venuto fuori il nostro orgoglio: abbiamo prima pareggiato 2-2 e poi – con un ultimo colpo di reni, prima di riprendere telefoni e fotocamere – calato il defintivo 3-2. Stanchi ma soddisfatti abbiamo quindi salutato tutti, tornando nella nostra amata Valle d’Itria con una certezza: se c’è da far valere il fisico, noi igers siamo presenti!