Autore: carlocarbotti

Metti una domenica con Igers_Taranto: #InConSuPerMassafra fra storia, natura e buon cibo

Una bella domenica tra bellezze visibili e nascoste, botteghe cartapestaie e vicoli, tutto condito da ottima compagnia, buon cibo e vino. Potrei riassumere così “#InConSuPerMassafra”, il secondo Instawalk nella provincia jonica organizzato domenica 29 novembre da Igers_Taranto.

Con la preziosa collaborazione della Nuova Hellas di Massafra e accompagnati dall’instancabile e preparatissima Raffaella (se per caso mi leggi, grazie mille per le interessantissime e mai banali spiegazioni che ci hai riservato!) abbiamo ammirato cripte bizantine cariche di storia e colori, scorci di città splendidamente immersi nel verde, gravine dal paesaggio quasi lunare, maestri pieni di passione che plasmano sogni e tecnica miscelando cartapesta e sapiente meccanica. La giornata ci ha aiutato, fornendo uno splendido cielo blu che da bravi igers abbiamo prontamente sfruttato nei nostri scatti, senza alcun uso di filtri esasperati!

Massafra – lo ammetto – è stata una città che fino alla scorsa domenica avevo visitato solo due volte, avendo ricavato un’impressione piuttosto incolore. Con #InConSuPerMassafra ho cambiato idea, scoprendo invece una città che ha tanto da dare e da dire, specie agli occhi più curiosi.

In particolare mi sono soffermato sui colori delle opere nelle cripte bizantine, che ci è stato spiegato sono strettamente legati alla variazione di umidità dei tufi che le ospitano: in caso di forte umidità i muri si impregnano di acqua che rende le opere vivide e luminose, quando invece le giornate sono secche i colori si ricoprono di calcare, divenendo smorti. Ad una precisa domanda degli igers, la brava Raffaella ci ha spiegato che purtroppo tanti sarebbero gli interventi di conservazione e restauro da fare, tutte cose che si scontrano con gli scarsissimi fondi messi a disposizione dalle istituzioni (una novita, eh?).

Altro punto di interesse sono state le gravine, col loro fortissimo contrasto di colori fra il verde della vegetazione, il bianco delle rocce e il blu del cielo, tutto col bellissimo castello sullo sfondo. A causa della ampia escursione tonale fra le rocce e il cielo, ho ottenuto alcune foto completamente sovraesposte e dal forte impatto, almeno per il sottoscritto 🙂

Terminata la prima parte del giro, siamo stati ospiti del ristorante “Falso Pepe”, per una gustosa e variegatissima pausa pranzo innaffiata da un ottimo rosso che, a dire la verità, ha leggermente fiaccato le gambe del sottoscritto nel prosieguo della passeggiata, ma diciamo che questa è una considerazione puramente personale…

L’ultima sosta è stata presso i locali dell’associazione dei maestri cartapestai “Pressis Charta” che vanta una lunga tradizione nella storia del Carnevale di Massafra e nell’arte della cartapesta. Abbiamo scoperto come si realizza la cartapesta, come si saldano i telai per le varie parti delle strutture e quanto tempo ci vuole per realizzare un carro completo. Per un appassionato come me molto interessante è stato anche vedere come funziona la meccanica di uno dei personaggi del carro del prossimo Carnevale:

I ragazzi dell’associazione ci hanno fatto capire che quello del cartapestaio è un lavoro che richiede molta perizia, una bella dose di pazienza, tanto tempo e costi non da poco, tutte cose che vengono ripagate dal fatto che i carri massafresi subito dopo le sfilate in “casa” sono richiestissimi in tutta Italia.

Stanco ma soddisfatto sono quindi tornato a casa con la delegazione di Igersvalleditria (ciao Anna e ciao Stefania!) con un po’ di scatti coi quali vi lascio, non prima di aver ringraziato Rossana Turi di Igers_Taranto per la splendida giornata e tutti gli igers intervenuti.

Alla prossima!

Vendemmia delle Donne 2015: la terra, l’uva, la musica e le tradizioni

Il rito della vendemmia, il richiamo della terra, la musica tra i filari, i balli popolari. Tutto questo è stato “La Vendemmia delle Donne 2015”, evento organizzato dalle Tenute Rubino in contrada Jaddico a Brindisi che ho avuto la fortuna di poter seguire sabato 13 settembre grazie all’invito di Instagramers Valle d’Itria (grazie Benedetta e Eligia!). Chi come me ha vissuto un’infanzia nei vigneti del nonno paterno – fatta di profumi, tini pieni di uva e interminabili viaggi col camion rosso (un vecchio OM “Leoncino”) verso le cantine – non poteva non partecipare!

Aiutati da una bellissima giornata piena di sole e bei colori (subito notati dall’igers-occhio) abbiamo raggiunto la tenuta, dove alle 10:00 è andata in scena la “Vineyard Experience”: mentre una squadra di solerti donne era al lavoro tra i filari, gli ospiti hanno avuto la possibilità di cimentarsi con le forbici, partecipando alla raccolta manuale delle uve Susumaniello. Un privilegio di assoluto valore che la famiglia Rubino ha offerto per festeggiare il momento della raccolta, atteso tutto l’anno.

A mezzogiorno invece spazio al Food & Wine in un ampio prato adiacente ai vigneti, dove abbiamo degustato diverse specialità tipiche pugliesi preparate dallo staff di Numero Primo (la vinoteca di Tenute Rubino), mentre il team di cantina era a disposizione per la degustazione dei vini delle Tenute Rubino. Personalmente, tra i diversi vini provati ho apprezzato particolarmente l’ “Oltreme” Susumaniello Salento IGT, oltre al sempreverde Negroamaro.

A fine pranzo e dopo un po’ di relax nel prato, spazio all’Appia Ensemble e alla sua mistura di pizzica e canzoni popolari, che narravano di contadini, madri, pescatori e viandanti, mentre gli ospiti si lasciavano andare a passi di danza (più o meno improvvisati, a dire il vero…). In chiusura di giornata spazio al tiro alla fune, che si è sviluppato sulla distanza di 5 round. Da una parte gli igers e dall’altra il personale delle Tenute, con gli ospiti che si sono divisi tra le 2 squadre.

Dopo esser andati sotto per 0-2, è venuto fuori il nostro orgoglio: abbiamo prima pareggiato 2-2 e poi – con un ultimo colpo di reni, prima di riprendere telefoni e fotocamere – calato il defintivo 3-2. Stanchi ma soddisfatti abbiamo quindi salutato tutti, tornando nella nostra amata Valle d’Itria con una certezza: se c’è da far valere il fisico, noi igers siamo presenti!

Villaggio di Sant’Agostino, la fotogallery della “Notte Bianca”

Si è svolta la scorsa settimana la “Notte Bianca alla Ricerca Interiore” presso il Villaggio di Sant’Agostino a Martina Franca. L’evento, sostenuto dalla diocesi jonica e giunto alla seconda edizione, è stato promosso dalla storica congregazione dei sacerdoti del paese, presieduta da don Martino Mastrovito. Giovedì 27 e venerdì 28 agosto, nel corso del triduo di festeggiamenti in onore di Sant’Agostino e Santa Monica, la chiesa di Santa Maria della Purità, il chiostro e il Belvedere del Villaggio di Sant’Agostino presso l’ex Convento delle Agostiniane, nel centro della città, sono stati aperti per confessioni e visite.

Una grande opportunità per visitare il Belvedere, un luogo di solito non aperto al pubblico e dal quale si può godere di una vista unica di Martina Franca, comprendente il centro storico e non solo. Tanti i visitatori accorsi nelle due serate – armati di fotocamere e smartphone – accolti da un servizio di accoglienza numeroso e ben organizzato.

Non potevo mancare con la mia piccola Fuji E2 armata di lenti luminose e un treppiede da viaggio, grazie al quale ho realizzato gli scatti che vedete qui sopra. Una bella esperienza da ripetere sicuramente non appena sarà nuovamente possibile!

Tra hi-tech, sperimentazione e futuro del jazz. Mattia Cigalini a Itria Valley Jazz Festival

E’ partita martedì 25 agosto a Martina Franca la 1^ edizione dell’Itria Valley Jazz Festival, una manifestazione nata col preciso scopo di promuovere un territorio ricco e denso di storia e attrattività attraverso il linguaggio del jazz. Una settimana di musica che si chiude stasera in grande col concerto di Gegè Telesforo, autentico “Groove Master” conosciuto in tutto il mondo.

E martedì sul sagrato di San Martino si è esibito un duo di assoluto rilievo ed interesse sia italiano che internazionale: quello formato da Mattia Cigalini (sax) e Enrico Zanisi (pianoforte), due giovanissimi jazzisti richiestissimi e di sicuro avvenire. “Un’accoppiata perfetta: due musicisti con esperienze affascinanti nella loro diversità, impegnati nella creazione di un suono estremamente completo”, ha dichiarato Brian Morton, giornalista e scrittore scozzese.

Abbiamo incontrato Mattia Cigalini pochi minuti prima del concerto in un vicoletto a due passi dalla Basilica di San Martino, per scambiare qualche battuta nella libertà più assoluta e senza alcun copione prestabilito. Alla maniera del free jazz, insomma.

Ciao Mattia, benvenuto a Martina Franca. Mentre inizia ad arrivare il pubblico in piazza, apro con una domanda a tema: avendo suonato spesso all’estero, immagino che tu abbia un quadro ben definito di quelle che sono le differenze tra il panorama italiano e quello estero. Ce le descrivi?

La prima cosa che mi viene in mente parlando del pubblico estero è che c’è tanta passione, competenza in materia e voglia di sentire qualcosa di nuovo e stimolante. Qua da noi il piattume e la standardizzazione la fanno invece da padrone, mentre all’estero ci sono direttori artistici e organizzatori che rischiano e che hanno interesse nel dare visibilità a quanto di buono emerge al momento, tutto il contrario dell’Italia. Qui da noi infatti la prima cosa che ti chiedono quando dici di fare il musicista è: “Si, ma cosa fai veramente di lavoro?”. Una cosa ormai impiantata e diventata un clichè. Però quando uno persevera per tanto, iniziando a far musica a 7 anni e facendo concerti ormai da 13 anni, ci si abitua e non si fa più caso.

Forse questa domanda emerge perché la situazione è alquanto precaria e non si sa se il musicista professionista campi effettivamente dalla musica coi dischi e coi concerti o con altro.

Guarda, oggi è cambiato tutto e c’è una grossa confusione a tutti i livelli, perché artisti con un grosso potere contrattuale e ingaggi di un certo livello vanno a infilarsi in manifestazioni dove la paga consiste solo nel rimborso delle spese di viaggio (o forse nemmeno quello, nda), penalizzando di fatto tutta la categoria. Oggi avere un manager non cambia nulla se non raddoppiare i problemi e le adempienze, e questo perché in Italia non esiste a mio parere una scuola o una storia di management musicale serio. Pensa a me: ho cambiato manager 3 o 4 volte, e non è che la situazione sia migliorata!

Parlando invece di te, faccio una domanda con una piccola premessa: ho diversi amici che hanno avuto a che fare col jazz in tenera età, e ricordo benissimo che venivano visti come “strani” dai coetanei, per il loro approcciarsi a strumenti diversi dalle solite chitarre e ad una musica vista come adulta. Ci racconti qualcosa della tua infanzia/adolescenza da musicista?

Io ho iniziato a 7 anni in una banda di paese ad Agazzano (Piacenza) e poco dopo, grazie alla spinta del mio maestro di musica, mi sono iscritto e diplomato in classica al conservatorio. Dopo i primi ingaggi e le prime esperienze ho preferito il jazz alla classica, che comunque amo. Il mio paesino è per me il posto migliore al mondo, ma è anche vero che è un posto molto piccolo sperduto fra le colline. Io coi miei coetanei ero obbligato a dividere in due la mia vita: da una parte giochi e svaghi da ragazzino, dall’altra lo studio e l’esercizio da musicista, che facevo quasi di nascosto. Io questo scarto e questa differenza l’ho sempre avvertita fino a poco tempo fa, e precisamente fino a quando non ho iniziato ad avere un po’ di visibilità su giornali e media.

Però non è un po’ brutto sapere di avere tanta gente attorno per il semplice fatto di “essere famosi” o quantomeno di avere una visibilità che non tutti hanno?

Certo, ma il segreto è fregarsene… Proprio per questo la carriera del musicista di professione si distingue da quella dell’hobbista, perché bisogna andare dritti col paraocchi fregandosene delle etichette, delle false amicizie, delle illusioni e delle delusioni. Uno si immagina la vita del musicista come dedicata solo al suonare, ma non è così. Tra adempienze fiscali e contrattuali, viaggi e routine quotidiana il lato esecutivo copre solo il 5-10% della nostra vita. Oggi sono qui a Martina Franca dopo 9 ore di viaggio, e dopo il concerto e una dormita domani sono pronto a rifare la stessa cosa, e così per ogni ingaggio. Insomma, la vita da musicista on the road è difficile, a meno che non si abbia un jet privato e uno staff corposissimo, ma non è certo il mio caso! O si ha una corazza spessa e una passione capace di sopportare tutto, oppure vale veramente la pena di dedicarsi ad altro.

E proprio parlando di lavoro e futuro, dove ti vedi fra 10 anni? Ti immagini meglio in Italia o all’estero?

Guarda, io sono un caso particolare: ho avuto spesso la possibilità di poter stare a Parigi o a New York lavorando con ingaggi di tutto rispetto, ma non cambierei mai il mio postaccio nel piacentino con nulla… Fra 10 anni mi vedo quindi ancora in Italia, anche perché fra pochi mesi divento padre e quindi tante cose della mia vita sono destinate a cambiare.

Mattia non si dedica alla musica solo dal punto di vista esecutivo e compositivo, ma anche dal lato tecnico, visto che durante l’intervista apre la sua custodia per mostrarci il prototipo di un’ancia innovativa:

Ho messo su un gruppo di ricerca di ingegneri neolaureati che sta per mettere sul mercato un’imboccatura sperimentale realizzata in una lega innovativa chiamata “BlackTech”. Questo è un progetto al quale tengo tantissimo e che mi sta dando una marcia in più anche da punto di vista esecutivo. A Martina Franca uso questo prototipo per la prima volta e durante il soundcheck ho già avuto i complimenti da parte di Enrico Zanisi, che dopo qualche minuto mi ha detto “Mattia, stasera hai davvero messo il turbo!”

Se tutto va bene il progetto ci consentirà di poter usare questa lega anche per altri strumenti musicali, tra i quali il pianoforte.

Diciamo che hai intrapreso una strada comunque originale, visto che pensare allo strumento non solo dal punto di vista esecutivo ma anche tecnico è un qualcosa degno di nota. Da appassionato di elettronica e costruzione di apparecchi musicali ti confesso che la sperimentazione e l’adattamento dello strumento alle proprie esigenze è certamente un capitolo interessante e che apre anche sbocchi imprenditoriali per il futuro, non credi?

E’ così… Questa imboccatura mi fa suonare più concentrato e in maniera più naturale, aiutandomi tantissimo a liberarmi da certi tecnicismi dei quali ho fatto abuso in passato. Ripeto, io in questo progetto ci credo tantissimo e non faccio fatica a dirti che se dovesse riuscire maggiormente questo rispetto alla mia carriera da musicista, sarei contento ugualmente!

La mia ultima domanda prima di lasciarti al concerto: noi in Italia abbiamo un background musicale notevole, una storia densissima di avvenimenti e interpreti, una tradizione studiata e invidiata in tutto il mondo, ma la formazione nostrana a che punto è?

Io ho una formazione sia classica che jazzistica, e posso dire che siamo messi male. I programmi sono penosi ed è impensabile che la patria di Paganini e Verdi sia popolata di insegnanti che non suonano mai e che hanno preso la cattedra non si sa come. Gli strumentisti giovani e capaci vengono quindi chiusi in un modello blindato, che è un po’ simile a quanto ho visto in USA in occasione di alcuni concerti tenuti nel 2013. In quell’occasione andai infatti in un locale dove abitualmente si esibivano alcuni saxofonisti di una scuola, e posso dirti che se tu avessi ascoltato le performance con gli occhi bendati, non avresti sentito differenze. Suonavano tutti con lo stampino! Questo è il termometro di quello che succede oggi nel jazz e che ieri è successo con la classica: si prendono dei generi selvaggi, sporchi, aperti e innovativi e si rinchiudono negli standard, in un qualcosa di asettico e che rifiuta l’errore o la variazione. Pensa che Miles Davis ha costruito una carriera sull’errore come possibilità di sperimentazione! Il panorama jazzistico odierno ha tanti musicisti di valore, chiuso però da istituzioni come il Berkeley College of Music, che in America sta praticamente chiudendo in una camera iperbarica un genere che nasce con ben altri presupposti.

In Italia abbiamo invece tanti strumentisti di personalità, e che andrebbero quindi valorizzati e lasciati liberi di esprimersi. Non ci resta che sperare nel futuro!

Locorotondo, ieri i classici fuochi di San Rocco: la fotogallery

Ieri, come ogni 16 agosto, il cielo di Locorotondo è stato rischiarato dai tradizionali fuochi di San Rocco. Quella di quest’anno è stata però un’edizione in tono minore, vista la tragedia dello scorso 24 luglio a Modugno, dove dieci persone hanno perso la vita in un un’esplosione presso la ditta pirotecnica Bruscella.

Pochi minuti dopo la mezzanotte l’omaggio per le dieci vittime, con altrettanti botti di tributo. A seguire, le classiche tre sequenze che hanno animato la 57° edizione della sagra, una manifestazione che si è comunque svolta a ranghi ridotti, visto che la gara non si è svolta e il relativo Premio del Comitato devoluto in memoria delle vittime.

Vi lasciamo con una piccola galleria: